Il consenso informativo valore etico e giuritico

Nessun medico può intervenire su di un paziente senza prima averne avuto il consenso (informato) che costituisce, dunque, un presupposto ineludibile per il corretto esercizio dell’attività sanitaria.

I riferimenti normativi dell’obbligo del consenso “informato” vanno individuati nelle norme seguenti:

– art. 32, comma 2, Costituzione, secondo cui “nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”;

– art. 13 Costituzione che assicura l’inviolabilità della libertà personale anche con riferimento alla propria salute e alla propria integrità fisica.

– art. 33 della L. 23 dicembre 1978, n. 833 che esclude la possibilità di accertamenti e trattamenti sanitari contro la volontà del paziente (se questi è in grado di intendere e di volere e se non ricorrono i presupposti dello stato di necessità ex art. 54 cod. pen.);

– art. 35 Codice di Deontologia Medica per il quale “il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’acquisizione del consenso esplicito del paziente”.

La violazione, da parte del medico, del dovere di informare il paziente, può causare due distinte tipologie di danni.

  1. a) danno alla salute, quando sia ragionevole ritenere che il paziente, su cui incombe l’onere della prova, avrebbe evitato di sottoporsi all’intervento e di subirne le conseguenze negative se fosse stato doverosamente informato;
  2. b) danno da lesione del diritto all’autodeterminazione.

Infatti è opportuno sottolineare che “la finalità dell’informazione che il medico è tenuto a dare, è quella di assicurare il diritto dell’autodeterminazione (v. anche Cass. 9 febbraio 2010, n. 2847), in quanto, senza consenso informato, l’intervento del medico è… sicuramente illecito, anche quando sia nell’interesse del paziente.

Ciò in quanto, secondo la definizione della Corte Costituzionale (sentenza n. 438/2008), il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, si configura quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi nell’art. 2 Cost. che ne tutela e promuove i diritti fondamentali, e negli artt. 13 e 32 Cost., i quali stabiliscono rispettivamente che la libertà personale è inviolabile e che nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.

Nell’ipotesi di inosservanza dell’obbligo di informazione in ordine alle conseguenze del trattamento cui il paziente sia sottoposto viene pertanto a configurarsi a carico del sanitario (e di riflesso della struttura per cui egli agisca) una responsabilità per violazione dell’obbligo del consenso informato, in sé e per sé, non assumendo alcuna influenza, ai fini della sussistenza dell’illecito, se il trattamento sia stato eseguito correttamente o meno (Cass. Civ. 11 dicembre 2013, n. 27751)”

E’ noto, peraltro, che l’acquisizione da parte del medico del consenso informato costituisca prestazione altra e diversa da quella dell’intervento medico richiestogli, assumendo autonoma rilevanza ai fini dell’eventuale responsabilità risarcitoria (vedi Cass. 13.02.2015, n. 2854; Cass. 16.05.2013, n. 11950).

Trattasi di due distinti diritti (Cass. n. 19212/2015)

 Il consenso informato attiene al diritto fondamentale della persona all’espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico (cfr. Corte Cost., 23/12/2008, n. 438), e quindi alla libera e consapevole autodeterminazione del paziente (v. Cass., 6/6/2014, n. 12830), atteso che nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge (anche quest’ultima non potendo peraltro in ogni caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana: art. 32,2° co., Cost.).

Il trattamento medico terapeutico ha viceversa riguardo alla tutela del (diverso) diritto fondamentale alla salute (art. 32, 1° co, Cost.) (v. Cass., 6/6/2014, n. 12830).

 L’autonoma rilevanza della condotta di adempimento della dovuta prestazione medica ne impone pertanto l’autonoma valutazione rispetto alla vicenda dell’acquisizione del consenso informato (cfr., Cass., 26/7/2012, n. 13214; Cass., 27/4/2010, n. 10060, e da ultimo Cass., 6/6/2014, n. 12380)”.

Sulle caratteristiche che il consenso deve avere per essere, appunto “informato”, ritorneremo in un prossimo articolo.

 

Avv. Franco Di Maria            Avv. Vincenza Pinò

By Published On: Marzo 1st, 2018Categories: Flash News, Sanità italianaTags:

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