Aborto da amniocentesi: l’esatto adempimento deve essere provato dal medico
Aborto da amniocentesi: l’esatto adempimento deve essere provato dal medico.
Nel giudizio di responsabilità medica il punto centrale è rappresentato dal nesso causale tra il danno lamentato dal paziente e l’omissione del sanitario.
Il soggetto leso deve dimostrare la relazione tra la condotta del medico e il danno subito, mentre il professionista e/o la struttura sanitaria, dove quest’ultimo abbia posto in essere l’attività professionale, per andare esenti da responsabilità devono dimostrare di aver eseguito la prestazione correttamente, o che il danno non si sia verificato o ancora che l’inadempimento sia stato determinato da una causa imprevedibile o inevitabile della prestazione sanitaria.
La Cassazione con la sentenza n. 10050 del 29 marzo 2022 ribadisce, ancora una volta, che nelle obbligazioni professionali spetta al sanitario fornire la prova di aver agito con diligenza e prudenza, in ossequio alle linee guida.
Nel caso di specie, gli attori avevano citato in giudizio il medico e la struttura in cui quest’ultimo operava, perché il sanitario aveva eseguito una prestazione (amniocentesi) in modo imprudente, tanto da aver provocato l’aborto del feto.
In particolare, veniva precisato che nell’effettuare l’amniocentesi, cioè, un esame in cui viene prelevato una piccola quantità di liquido amniotico (liquido che circonda e protegge il feto nell’utero) per analizzarlo in laboratorio e accertare la presenza, o meno, di eventuali anomalie o malattie genetiche, il dottore aveva cagionato la morte del bambino.
I ricorrenti, inoltre, avevano presentato una domanda di risarcimento per il danno non patrimoniale derivante dalla perdita del bambino nonché per il danno biologico riportato dalla gestante.
Il Tribunale, adito, accoglieva la domanda presentata dagli attori.
Veniva proposto appello.
Senza affrontare nello specifico tutta la fase del giudizio, è sufficiente affermare che la Suprema Corte ribadisce che nei casi di responsabilità medica di natura contrattuale, il paziente non deve dimostrare l’inadempimento o la corretta esecuzione della prestazione, perché questa prova liberatoria e discolpante spetta al debitore.
La Corte di Cassazione ha riconfermato che il creditore deve provare il nesso di casualità tra la condotta del medico e l’evento dannoso (in questo caso aborto del feto), mentre il debitore deve dimostrare di aver effettuato la prestazione a regola d’arte con la diligenza e la prudenza richiesta nel caso concreto o che l’inesatto adempimento sia stato determinato da una causa imprevedibile e non imputabile ad esso.
Dott. Luigi Pinò