Consenso informato non prestato: occorre comunque provare il danno
Consenso informato non prestato: occorre comunque provare il danno
Nel caso odierno ci occuperemo della richiesta di risarcimento avanzata dai congiunti per aver perso il loro caro, affetto da varie comorbilità e deceduto- alcuni mesi dopo- poiché era stata accertata una neoplasia polmonare.
In particolare, gli appellanti erano convinti della colpevolezza dei medici della struttura sanitaria per due motivi: la scelta errata della terapia farmacologica adottata e la non completa informazione fornita al paziente sull’esistenza di tecniche alternative possibili rispetto alle procedure che potevano essere intraprese.
Secondo i familiari se il paziente fosse stato edotto sui possibili effetti collaterali a cui andava incontro avrebbe intrapreso un percorso diverso.
Secondo la ricostruzione degli eredi nel caso in esame si era verificata anche la violazione del diritto di autodeterminazione del paziente.
Facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire come si sono svolti i fatti.
Il paziente, a causa dell’assenza di forza sugli arti inferiori e superiori, si recava in ospedale e, dopo aver svolto alcuni accertamenti clinico strumentali, gli veniva diagnosticato il carcinoma polmonare.
I sanitari, in seguito alle condizioni non ottimali del paziente e alle plurime comorbilità di cui era affetto, decidevano di non effettuare un intervento chirurgico per togliere il tumore e di non eseguire un trattamento radioterapico poiché, secondo il loro giudizio, non avrebbe comportato risultati utili.
In definitiva, i medici optavano per un ciclo di chemioterapia con la somministrazione di un solo farmaco per cercare di ridurre gli effetti collaterali provocati dalla stessa chemio.
L’approccio risultava errato perché ben presto le condizioni dell’ammalato si aggravavano rapidamente e, dopo alcuni mesi, il paziente decedeva.
I familiari citavano in giudizio i sanitari e la struttura in cui era ricoverato il loro caro, perché, secondo la loro tesi difensiva, la terapia scelta e praticata (ciclo di chemioterapia) non era ritenuta la più idonea per le condizioni critiche che affliggevano il paziente.
La chemioterapia, purtroppo, aveva determinato un rapido peggioramento dello stato clinico dell’ammalato e questo declino ne aveva cagionato la morte per tossicità epatica.
Ai sanitari, oltre alla scelta infelice della chemioterapia, veniva contestato pure l’assenza del consenso informato sottoscritto dal paziente per il trattamento da seguire e la mancanza di una informazione completa.
Il giudice di primo grado non aveva accolto la richiesta dei familiari perché non erano stati dimostrati né la relazione diretta tra il danno lamentato e il comportamento dei sanitari, né il danno verificatosi in conseguenza della lesione del diritto di autodeterminazione dell’ammalato.
Secondo il Tribunale la morte del de cuius non era imputabile alla condotta dei sanitari perché il tumore era giunto ad uno stadio tale che avrebbe portato, senza dubbio, al decesso del paziente e quindi la lesione del consenso informato sul trattamento da eseguire non avrebbe influito sull’aspettativa di vita del de cuius.
I richiedenti proponevano appello contro la sentenza emessa dal Tribunale di Catanzaro,
ma anche in questa sede i sanitari non sono stati ritenuti responsabili del decesso ed è stato ribadito che il risarcimento per la violazione del consenso informato necessita della prova del danno altrimenti tamquam non esset.
Dott. Luigi Pinò