Danni da emotrasfusioni: è responsabile il ministero della salute anche per quelle avvenute nel 1973
Danni da emotrasfusioni: è responsabile il ministero della salute anche per quelle avvenute nel 1973.
Nel caso di danni derivanti da emotrasfusioni, il soggetto civilmente responsabile è identificato nel Ministero della Salute perché quest’ultimo ha, in particolare, poteri di controllo e vigilanza nell’attività di emotrasfusione e nella verifica dell’idoneità del sangue da infondere.
A tal riguardo, l’attività di vigilanza deve sottostare ad alcune regole rigide comprensive di doveri istituzionali di sorveglianza, di direttive, di programmazione, di coordinamento e di autorizzazione in materia di produzione, conservazione, commercializzazione e distribuzione di sangue umano ed emoderivati.
La responsabilità che grava sul Ministero è di tipo extracontrattuale e, pertanto, la prescrizione si matura entro cinque anni da quando la malattia si manifesta all’esterno.
La sentenza della Cassazione Civile, sez. IV n. 8419 del 15 marzo 2022, ha ribadito ancora una volta che spetta al Ministero della Salute il potere di provvedere alla tutela della salute pubblica.
Viene, inoltre, specificato che il nesso casuale tra la somministrazione del sangue infetto e la patologia insorta non va valutato sulla base delle conoscenze scientifiche del momento in cui venne effettuata la trasfusione, ma al momento in cui è stato svolto l’accertamento poiché il controllo sul sangue doveva essere effettuato tramite regole specifiche per evitare l’uso di sangue infetto.
Nel caso di specie, gli attori avevano presentato una domanda di risarcimento del danno in seguito ad un’infezione contratta dalla paziente in una emotrasfusione.
Secondo la Corte di Appello di Potenza la pretesa avanzata dagli attori non poteva essere accolta perché Il Ministero della Salute non poteva rispondere per i fatti antecedentemente alla data in questione (1973), perché ancora le conoscenze scientifiche di quel tempo ancora non permettevano a quest’ultimo di adempiere al proprio obbligo.
La Suprema Corte, invece, in totale disaccordo con l’affermazione della Corte di Appello di Potenza, ha ribaltato la posizione assunta da quest’ultima, riconoscendo che in capo al Ministero, anche in quel periodo, spettava il compito di controllare che il sangue usato nella trasfusione non fosse infetto.
Dott. Luigi Pinò