Feto di una bimba muore per omessa diagnosi da parte degli operatori sanitari
MORTE DEL FETO DI UNA BIMBA PER OMESSA DIAGNOSI DA PARTE DEGLI OPERATORI SANITARI
Con la pronuncia n. 26301 del 29 settembre 2021 si affronta il problema della richiesta di risarcimento dei danni non patrimoniali avanzata dai coniugi nei confronti dei sanitari dell’Asl ove era ricoverata la gestante poiché il decesso della bambina è stato, a loro avviso, determinato da colpa medica.
Secondo i genitori la morte del feto che la madre portava in grembo era stata causata da un’omessa diagnosi di ipossia fetale e da un successivo ritardo nell’effettuare il taglio cesareo che, se solo fosse stato effettuato tempestivamente, avrebbe evitato la sofferenza del feto e quindi anche la morte della bambina.
La partoriente in seguito alla perdita di liquido amniotico e alla comparsa delle contrazioni si era recata in ospedale e i sanitari, dopo aver effettuato i controlli di routine, avevano predisposto il trasferimento in un altro nosocomio, dove però la paziente giungeva in condizioni critiche e metteva al mondo la bambina già morta.
Il giudice di prime cure, tramite la CTU medico-legale in cui emergeva la negligenza e l’imperizia dei sanitari, è riuscito ad accertare l’elevata probabilità di salvezza per la bimba se il parto cesareo fosse stato eseguito tempestivamente e, dunque, ha condannato l’Asl per aver causato la morte della bimba.
Il giudice di prime cure ha riconosciuto il risarcimento in capo ai genitori inquadrando la loro richiesta di ristoro dei danni non patrimoniali come danno da perdita del frutto del concepimento, ma i genitori si opposero a tale decisione perché secondo loro non era stata data la possibilità di provare la sofferenza e il patema d’animo determinati dalla morte del feto nell’utero.
In altre parole, con la somma liquidata secondo il giudice di primo grado erano stati risarciti complessivamente il danno legato sia alla morte del feto che alla sofferenza provata per quel lutto, poiché erano stati delineati come un unico danno.
Tuttavia, i genitori insistevano nel sostenere che si trattasse di due danni differenti con diverso ristoro e in appello reiteravano la richiesta di provare il danno legato al dolore lasciato dal lutto nell’animo dei genitori, anche tramite la presenza di testimoni, oltre a quello legato alla perdita parentale della bimba.
A tal riguardo, inoltre, ricordiamo che vi è una differenza tra il danno legato alla perdita del frutto del concepimento e il dolore che si viene a creare nell’animo dei genitori; quindi trattandosi di due tipologie coesistenti ma differenti non è possibile procedere con un risarcimento del danno unico perché verrebbe, in tal modo, negato il risarcimento di una posta di danno considerevole.
La Cassazione con la pronuncia in esame ha riconosciuto l’esistenza di due diversi danni ed in considerazione al danno provocato dal lutto ha così statuito:” Il vero danno, nella perdita del rapporto parentale, è la sofferenza, non la relazione. È il dolore, non la vita, che cambia, se la vita è destinata, sì, a cambiare, ma in qualche modo sopravvivendo a se stessi nel mondo”.
Dott. Luigi Pinò