Il caregiving formale e informale. Pianeta salute – Quando lo Stato non c’è.

L’investimento delle famiglie nella cura delle persone.
Il caregiving formale e informale.

In un precedente articolo (Pianeta salute. Il pronto soccorso) abbiamo segnalato che – con il titolo di “Pianeta Salute” – avremmo affrontato le criticità del sistema sanitario nazionale, criticità che contribuiscono a ingenerare errori sanitari e, in una parola, malasanità.

Chi scrive è membro del Comitato Scientifico dell’”Osservatorio Salute e Legalità” istituito da Eurispes (probabilmente il più autorevole istituto di ricerca socio politico italiano) e dall’E.N.P.A.M. (Ente Nazionale Previdenza e Assistenza Medici) e gli articoli che qui pubblichiamo con il titolo “Pianeta Salute” sono liberamente tratti dal I Rapporto sul Sistema Sanitario presentato dall’Osservatorio alla stampa alla presenza del Ministro della Salute.

Anche in Italia l’allungamento della vita media sta comportando un grande impatto sul sistema del welfare. Nel 2030 l’Istat stima che saranno 16 milioni gli ultra sessantacinquenni. Ciò si tradurrà in una sempre maggiore quota della popolazione bisognosa di supporto totale o parziale nello svolgimento delle proprie attività giornaliere o speciali, al di là dell’assistenza sanitaria somministrata in situazioni e luoghi specificamente deputati (medicina generale, ospedali, ambulatori, ecc.).

Questi supporti sono erogati da una figura denominata caregiver, ovvero, colui che fornisce assistenza ad un’altra persona. La funzione del caregiver può essere suddivisa in due fondamentali categorie: il caregiver formale, ovvero i professionisti, i para-professionisti o i volontari associati ad una organizzazione, che forniscono assistenza domiciliare, in comunità o in strutture sanitarie, in genere dietro compenso economico, (non nel caso dei volontari); il caregiver informale, ovvero familiare, che invece è colui che fornisce assistenza a persone con cui ha un legame personale, senza ricevere alcun compenso.

I dati Istat 2011 stimano che in Italia ci siano 14 milioni di caregiver informali, ovvero il 26,8% della popolazione, che generano un totale di 3 miliardi di ore di aiuto l’anno. Uno studio sugli Stati Uniti calcola che il valore del caregiving si attesta nel 1997 intorno a 196 miliardi di dollari, valore di gran lunga superiore al costo dell’assistenza sanitaria domiciliare ad opera del caregiving formale (115 miliardi). Secondo uno studio del 2015 della Rand Corporation, il costo dei caregiving informale negli Stati Uniti è di 522 miliardi di dollari l’anno.

Sulla base di questi dati è scontato ritenere che, se ai costi classici della sanità fossero aggiunti anche quelli sostenuti per i caregiver formali e informali, la spesa sanitaria privata avrebbe una crescita esponenziale.

Quello che è certo è che il comparto dell’assistenza domestica in senso lato (colf, lavoratrici/lavoratori domestici, badanti) è tra i pochi che negli anni della crisi non hanno riscontrato in Italia una contrazione.

Si ritiene che il lavoro domestico e di cura assorba più di 800.000 lavoratori, soprattutto donne e in quota preponderante straniere. Il censimento è complesso e inevitabilmente approssimato per difetto, dato che la “regola non scritta” ma assai applicata è quella del lavoro nero. Nella cura degli anziani, ovvero l’area che più si avvicina all’ambito dell’assistenza socio-sanitaria che lo Stato non è in grado di erogare, da una recente ricerca si rilevano 500.000 badanti che assistono una quota di anziani parzialmente o totalmente non autosufficienti superiore al milione.

 

Avv. Franco Di Maria                                 Avv. Vincenza Pinò

 

 

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