Intervento urgente rimandato per uno più grave: struttura responsabile per ritardata prestazione
RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA PER RITARDATA PRESTAZIONE NEL CASO IN CUI UN INTERVENTO URGENTE E MESSO IN CODA PER UNO RITENUTO PIU’ GRAVE
Con la pronuncia del 15 giugno 2021 n. 16936, la Corte di Cassazione Civile si è occupata del tema della responsabilità medica ascrivibile alla struttura sanitaria per aver rimandato un intervento chirurgico poiché nel frattempo è sopraggiunto un caso più grave.
Quando un ente sanitario accoglie il ricovero di un paziente si fa carico di alcuni obblighi derivanti dal contratto di spedalità.
In particolare, la struttura garantisce al paziente alcuni servizi che vanno dalla prestazione sanitaria, alla messa a disposizione di personale qualificato, dalla fruizione di attrezzature specifiche durante la degenza, all’obbligo di assicurare un ambiente sicuro e pulito per limitare il più possibile il rischio di infezioni e tutelare la salute del malato.
Bisogna però ricordare che quando si parla di responsabilità della struttura sanitaria deve essere il danneggiato a dimostrare l’insorgere o l’aggravamento di una patologia da associare alle inottemperanze del danneggiante, mentre deve essere l’ente sanitario a provare di aver fornito un’esatta prestazione sanitaria e che l’aggravamento della malattia sia dovuto ad una causa imprevista ed imprevedibile.
Nel caso di specie, un uomo veniva ricoverato in ospedale a causa di un ematoma subdurale (presenza di sangue nella scatola cranica e localizzata in corrispondenza delle meningi) e, viste le condizioni particolarmente critiche, veniva immediatamente portato in sala operatoria.
Tuttavia, l’intervento chirurgico veniva rimandato perché sopraggiungeva in struttura un caso ritenuto più grave.
I familiari, visto la decisione dell’ospedale di rinviare l’intervento e per non peggiorare ulteriormente le condizioni di salute del loro caro, decidevano di trasferirlo in una clinica privata e riuscivano così a fare l’intervento, seppur a pagamento.
Successivamente la struttura sanitaria veniva citata in giudizio e veniva richiesto dai familiari il rimborso pari alla somma pagata per effettuare l’intervento nella clinica.
Il Tribunale adito respingeva la domanda presentata dagli attori perché – secondo i giudici di primo grado – la struttura sanitaria non poteva essere considerata responsabile in quanto il rinvio della prestazione sanitaria era giustificato dalla gravità del nuovo caso presentatosi.
Gli attori si opponevano alla sentenza del Tribunale e proponevano Appello.
Nel secondo grado di giudizio, la decisione veniva ribaltata e la struttura veniva considerata responsabile poiché dalla perizia emergeva che le condizioni cliniche del paziente erano critiche e quindi la decisone di rinviare l’intervento era stata considerata causa di inadempimento e fonte di responsabilità.
L’ente sanitario proponeva ricorso in Cassazione principalmente considerando tre motivi:
- l’inadempimento era tutto da dimostrare nel senso che – secondo la struttura – l’intervento era perfettamente rimandabile poiché era sopraggiunto un caso più grave;
- la condotta dei familiari in realtà era stata la causa principale dell’impossibilità di adempiere alla prestazione perché oramai il paziente era stato trasferito;
- il paziente – secondo la natura contrattuale nel rapporto instauratosi con l’ospedale – doveva dimostrare l’inadempimento e, solamente dopo, la struttura doveva fornire la prova liberatoria.
La Corte di Cassazione aveva respinto il ricorso presentato dalla struttura perché secondo gli ermellini il paziente aveva dimostrato l’inadempimento dell’ente sanitario poiché doveva solamente riportare il fatto dal quale scaturiva l’inottemperanza per la struttura, mentre quest’ultima non aveva fornito prova liberatoria perché l’intervento aveva come obiettivo quello di evitare danni irreparabili per il paziente e quindi non era assolutamente rimandabile.
Inoltre veniva anche chiarito che il comportamento dei familiari era dipeso solamente dall’inadempimento della struttura e non poteva essere visto come causa di impossibilità sopravvenuta.
In virtù di tale motivazione, l’Azienda Ospedaliera era il solo soggetto inadempiente poiché nessuna condotta colpevole poteva essere ascritta al paziente o ai suoi familiari.
Dott. Luigi Pinò