Accanimento terapeutico – Cosa dice il Codice deontologico Medico?

Accanimento terapeutico – Cosa dice il Codice deontologico Medico?
L’art. 14 del Codice deontologico Medico attualmente in vigore vieta – all’art. 14 – l’accanimento diagnostico – terapeutico.

Più precisamente tale articolo recita:

“Il medico deve astenersi dall’ostinazione in trattamenti, da cui non si possa fondatamente attendere un beneficio per la salute del malato e/o un miglioramento della qualità della vita”.

Ed  inoltre così recitano altri due articoli dello stesso Codice:

Art. 15. Trattamenti che incidono sulla integrità psicofisica.

            “I trattamenti che comportino una diminuzione della integrità e della resistenza psico-fisica del malato possono essere attuati, previo accertamento delle necessità terapeutiche, e solo al fine di procurare un concreto beneficio clinico al malato o di alleviarne le sofferenze”.

Art. 37 Assistenza al malato inguaribile.

In caso di malattie a prognosi sicuramente infausta o pervenute alla fase terminale, il medico deve limitare la sua opera all’assistenza morale e alla terapia atta a risparmiare inutili sofferenze, fornendo al malato i trattamenti appropriati a tutela, per quanto è possibile, della qualità di vita.

            In caso di compromissione dello stato di coscienza, il medico deve proseguire nella terapia di sostegno vitale finchè ritenuta ragionevolmente utile”.

Il Comitato nazionale di Bioetica, nell’operare la distinzione tra cura palliativa e accanimento terapeutico, definisce quest’ultimo “segno di una medicina che ha perso il vero obiettivo della cura: una medicina che non si rivolge più alla persona malata, ma alla malattia e che avverte la morte come una sconfitta e non come evento naturale ed inevitabile. Le cure palliative, al contrario, danno sostegno e significato all’accompagnamento del morente e sono espressione di una medicina che si ricolloca al servizio di una persona malata”.

Siamo consapevoli che concetti in divenire come “salute”, “malattia”, “qualità della vita”, “consenso informato” ecc. individuano campi semantici che devono essere definiti per essere poi calati nel concreto, nella “carne” delle singole fattispecie.

Proveremo nei prossimi articoli a definirli.

Avv. Franco Di Maria

Avv. Vincenza Pinò

 

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