Libertà sessuale come diritto soggettivo assoluto

Secondo un principio ormai consolidato, il danno non patrimoniale da lesione alla salute, ex artt. 32 Cost. e 2059 cod. civ., costituisce una categoria ampia e omniacomprensiva. In tale categoria va ricompreso anche il danno alla libertà sessuale.

            Il diritto alla libertà sessuale si atteggia, infatti quale diritto soggettivo assoluto, costituzionalmente tutelato.

Basterà ricordare l’incipit della sentenza della Corte Costituzionale del 18 dicembre 1987, n. 571 in cui si afferma: “che essendo la sessualità una degli essenziali modi di espressione della persona umana il diritto di disporne liberamente è senza dubbio un diritto soggettivo assoluto, che va ricompreso tra le posizioni soggettive direttamente tutelate dalla Costituzione ed inquadrato tra i diritti inviolabili della persona umana che l’art. 2 Cost. impone di garantire”.

            Ciò posto, è ovvio che anche il coniuge che non sia stato direttamente leso nella propria integrità fisica subisce un pregiudizio alla propria libertà sessuale in conseguenza dell’impossibilità ad intrattenere rapporti con il partner.

E’ evidente infatti che la compromissione del diritto alla libertà sessuale di uno dei coniugi produce un identico effetto sul corrispondente diritto dell’altro coniuge. I diritti dei due partners sono tra loro interdipendenti anche perché possono essere esercitati, quale espressione del legame affettivo esistente tra i coniugi, esclusivamente nell’ambito del rapporto di coniugio, stante il dovere di fedeltà sancita dall’art. 143, comma 2°, cod. civ..

Si tratta, insomma, di pregiudizio che la giurisprudenza francese definisce “danno riflesso o di rimbalzo”.

            In questo senso peraltro anche la Cassazione (Cass. Sez. III civile, 16 giugno 2011, n. 13179) ha espressamente affermato che “il fatto illecito dal quale è conseguita la lesione del diritto alla salute dell’attrice, sì da impedirle normali rapporti sessuali è, altresì, lesivo del diritto del marito ad intrattenere rapporti sessuali con la moglie. La lesione di tale diritto, che inerisce ad un aspetto fondamentale della persona umana, comporta conseguenze dannose risarcibili ex art. 2059 cod. civ.”

Una recentissima sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU 26 luglio 2017) conferma – ampliandola – la tesi – or ora sostenuta.

La Corte ha censurato una sentenza dei giudici portoghesi che avevano abbassato di un terzo l’indennizzo alla signora Maria Morais diventata inabile ad una sessualità normale per colpa di una operazione sbagliata.

Il risarcimento iniziale le era stato decurtato con la motivazione che il danno era avvenuto in una età (oggi la ricorrente ha 72 anni) nella quale la signora poteva anche farsene una ragione, avendo avuto già due figli e le soddisfazioni che meritava.

Scrivono i giudici nella sentenza:

La questione dibattuta non è la mera considerazione dell’età o del sesso, ma l’assunzione che la sessualità non è così importante per una donna di 50 anni e madre di due figli rispetto ad una più giovane. Questa assunzione riflette una idea tradizionale della sessualità femminile legata essenzialmente a scopi riproduttivi e ignora la sua rilevanza fisica e psicologica per la piena realizzazione della donna come persona. Nella visione della Corte (portoghese) – rincarano i giudici di Strasburgo – le considerazioni espresse mostrano i pregiudizi prevalenti nel sistema giudiziale in Portogallo”.

Avv. Franco Di Maria

Avv. Vincenza Pinò

 

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By Published On: Settembre 10th, 2019Categories: Flash News, Sanità italianaTags:

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