Medico incorre nel reato di falso materiale per aver alterato il consenso informato del paziente

MEDICO RESPONSABILE PER AVER ALTERATO IL MODULO RELATIVO AL CONSENSO INFORMATO DEL PAZIENTE INCORRE NEL REATO DI FALSO MATERIALE IN ATTO PUBBLICO

La Corte di Cassazione, con la sentenza n.4803/2023, affronta il problema del reato di falso materiale in atto pubblico in cui incorre il medico che altera il modulo del consenso informato fornito dal paziente.
Prima di analizzare meglio la pronuncia in esame, poniamo l’attenzione sui requisiti e sulle caratteristiche per redigere la cartella clinica che contiene al suo interno il modulo del consenso informato.
La cartella clinica non è altro che la documentazione completa del paziente con le informazioni anagrafiche dello stesso, tutti gli esami e le attività diagnostico-terapeutiche svolte durante la degenza ospedaliera con i relativi referti, l’anamnesi, la terapia farmacologica eseguita.
Di norma dovrebbe contenere il modulo del consenso informato sottoscritto dall’ammalato.
Solo per completezza, si ricorda che la cartella medica deve essere redatta garantendo alcune caratteristiche quali:

  •  chiarezza, ossia deve essere comprensibile anche per soggetti privi di competenza medica e quindi è indispensabile usare un linguaggio semplice;
  • completezza e accuratezza nei contenuti, ossia deve riportare con precisione tutte le cure prestaste durante tutto l’arco della degenza;
  •  veridicità, ossia le informazioni contenute devono essere attendibili e autentiche altrimenti il medico che la redige può incorrere nel reato di falso ideologico.

La cartella clinica, da un punto di vista giuridico, è un atto pubblico in quanto redatta da un soggetto che svolge il ruolo di pubblico ufficiale nel momento che la compila.
Proprio in quanto atto pubblico tutto ciò che è contenuto all’interno di essa non è contestabile se non tramite la querela di falso e, inoltre, il medico che la redige non può apportare modifiche successive poiché in tale ipotesi si configurerebbe il reato di falso materiale in atto pubblico (art. 476 c.p.), mentre si parla di reato di falso ideologico (art. 479 c.p.) quando si fa riferimento al contenuto del documento.
In particolare, il reato di falso materiale in atto pubblico aggravato come disciplinato dall’art. 476 c.p. prevede che:” Il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, forma, in tutto o in parte, un atto falso o altera un atto vero, è punito con la reclusione da uno a sei anni”.
L’atto pubblico è fidefacente, cioè ha fede privilegiata, solamente con riferimento a ciò che è stato detto al pubblico ufficiale o a ciò che è avvenuto in sua presenza. La fede privilegiata è senza alcun dubbio uno degli elementi dell’atto pubblico e consiste nell’idoneità dello stesso a fare piena prova delle cose attestate dal pubblico ufficiale e avvenute in sua presenza.
Tornando alla pronuncia in esame, con la sentenza n.4803/2023 il medico è stato condannato per aver alterato il modulo del consenso informato sottoscritto dal paziente prima di un intervento chirurgico.
Il sanitario sosteneva la tesi secondo cui il modulo del consenso informato relativo alla prestazione sanitaria non poteva considerarsi un atto pubblico, ma, al contrario, gli Ermellini hanno ribadito che, a prescindere dal fatto che il consenso fosse stato ottenuto in forma orale o tramite la modalità scritta, si trattava pur sempre di un atto fidefacente perché reso innanzi ad un sanitario che nell’atto della compilazione della cartella clinica riveste il ruolo di pubblico ufficiale.
La Corte di Cassazione ha dunque confermato la condanna del medico perché aveva alterato il modulo del consenso informato inerente alla prestazione sanitaria che il paziente doveva subire.

 

Dott. Luigi Pinò


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