Paziente muore dopo un esame diagnostico strumentale: la responsabilità dello specialista

RESPONSABILITA’ DELLO SPECIALISTA PER LA MORTE DELLA PAZIENTE IN SEGUITO ALL’ESECUZIONE DI UN ESAME DIAGNOSTICO STRUMENTALE

La Corte di Cassazione con la pronuncia n. 30051 del 2022, ha affrontato nuovamente il tema della responsabilità del professionista qualora sottoponga la paziente ad un esame clinico in seguito al quale la medesima deceda.
Lo specialista, infatti, non può essere considerato solo un mero esecutore e quindi non può limitarsi ad eseguire meccanicamente un esame richiesto da altri colleghi per approfondimenti diagnostici, ma deve essere in grado di valutare nel concreto le condizioni generali del paziente, considerare i possibili rischi e se sia il caso di procedere o meno con la prestazione richiesta perché la gestione clinica della paziente è affidata a lui e se muore a causa dell’esame diagnostico, sarà considerato egli stesso responsabile.
Nel caso di specie lo specialista dopo aver eseguito l’esame provocava la morte della paziente e veniva ritenuto responsabile perché in primis non ha rispettato le linee guida e perché, in considerazione delle condizioni critiche dell’ammalato, non ha scelto di adottare delle tecniche meno invasive.
Aveva, dunque, omesso di valutare il quadro specifico della paziente e non aveva considerato i possibili rischi in conseguenza dell’esame prescritto.
La Cassazione con questa pronuncia ha affermato il principio secondo cui nelle ipotesi di cooperazione multidisciplinare, lo specialista deve valutare tutti i pro e i contro dell’esame prescritto, considerando le condizioni di salute del malato e se sia il caso o meno di procedere con esami alternativi e meno invasivi.
Solo se si ottiene una reale cooperazione tra i professionisti si possono superare i limiti conoscitivi del singolo medico così che ogni sanitario possa apportare il proprio contributo per fornire all’interessato la migliore soluzione possibile per il suo caso clinico.

 

Dott. Luigi Pinò


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