La medicina difensiva – Cosa cambia con la Legge Gelli?
QUINTA PARTE
N.B: Come abbiamo avvertito, stiamo dedicando cinque articoli alla legge Gelli.
Questo è l’ultimo. Consigliamo di leggere anche i precedenti
La medicina difensiva: slogan mass mediatico o verità?
Siamo arrivati qui al cuore della legge Gelli – Bianco il cui dichiarato proposito è quello di arginare la cosiddetta medicina difensiva e il conseguente spreco di risorse pubbliche.
Abbiamo già visto che lo strumento ritenuto dal legislatore come il più efficace a questo scopo (e cioè l’alleggerimento della posizione penale dei sanitari) si sia invece rivelato un dannoso autogol che le Sezioni Unite penali della Cassazione hanno disvelato con la già menzionata sentenza n. 8770/2018.
Dobbiamo però ora spingerci alla radice del problema e chiederci: 1) se esista una sola nozione di medicina difensiva o se – sotto tale etichetta – si nascondano fenomeni del tutto eterogenei; 2) quale sia la nozione di “medicina difensiva” adottata dalla legge Gelli-Bianco; 3) quali siano i metodi di indagine (e se siano attendibili) per stimare il fenomeno e quali quelli a cui fa riferimento l’onorevole Gelli o lo stesso Ministero della salute.
- Nozione di “medicina difensiva
- La nozione utilizzata dalla legge Gelli
Il fenomeno della cosiddetta “medicina difensiva” raggruppa eventi assai eterogenei, e, quindi, oggetti di studio assai diversi tra loro.
In letteratura si considerano almeno tre differenti nozioni di “medicina difensiva”, nozioni a cui ci riferiremo come :a) medicina esclusivamente difensiva; b) medicina
prevalentemente o principalmente difensiva; c) medicina difensiva identificata con quella spesa che ecceda l’importo socialmente ottimale[1].
Medicina esclusivamente difensiva
E’ quella che spinge il medico ad un comportamento cautelativo di tipo preventivo (assurance behaviour) che si verifica quando i sanitari ordinano test, procedure e servizi diagnostici o terapeutici del tutto inutili per il paziente sul presupposto che tali procedure potranno proteggerli in futuro da eventuale responsabilità giuridiche[2].
E’ questa la nozione di medicina difensiva utilizzata dal nostro legislatore[3].
Tuttavia questa nozione che (con il corollario del notevole aumento della spesa pubblica) fa molto presa sulla collettività e sui politici, può riguardare soltanto un numero praticamente irrilevante di casi.
Non si capisce infatti come un esame ritenuto in scienza e coscienza inutile possa, poi, risultare utile al fine di evitare responsabilità giuridiche a chi lo ha prescritto.
Salvo, ovviamente, l’ipotesi in cui ci si trovi dinanzi a situazioni dubbie, eventualità in cui procedure diagnostiche o terapeutiche ulteriori non realizzano certo una “medicina difensiva” ma – al contrario – una “buona medicina”.
Medicina prevalentemente o principalmente difensiva
E’ quella per cui le pratiche di carattere diagnostico o terapeutico che sono intraprese o omesse, lo sono prevalentemente (ma non esclusivamente) per ridurre il rischio di incorrere in responsabilità giuridica ma anche per altri motivi[4].
Questa è, ad esempio, la definizione adottate nel 1994 dal USA Congress Office of Technolgy Assessment.
In questa nozione, dunque, rientrano sia gli interventi e le prescrizioni inutili di cui alla “medicina esclusivamente difensiva” (di cui già abbiamo illustrato la totale illogicità e per la quale valgono le stesse obiezioni), che le prescrizioni – sempre inutili – ma dettate da esigenze diverse da quella di cautelarsi da possibili responsabilità giudiziarie.
Tali esigenze sono le più diverse: come quella di evitare una risonanza mediatica negativa (a prescindere dalla fondatezza dell’azione); di compensare l’aumento dei premi assicurativi per responsabilità professionale aumentando il volume e il prezzo dei servizi forniti; di aumentare gli sforzi diagnostici e terapeutici nei confronti di pazienti assicurati privatamente o, ancora, di compiacere i propri pazienti per evitare che si rivolgono ad
altri” [5]
E’ ovvio che tali esigenze (diverse dal timore di incorrere in responsabilità civili o penali) nulla hanno a che vedere con la medicina difensiva propriamente detta.
Ed è altrettanto ovvio che non sarà certo una alleggerita responsabilità giudiziaria del medico (peraltro insussistente in sede penale, come abbiamo già visto) ad impedire il ricorso a esami e terapie inutili, per l’evidente ragione che il motivo di tali prescrizioni non riposa affatto sull’esigenza di cautelarsi da possibili, futuri azioni giudiziarie bensì su altre – e del tutto diverse – motivazioni.
Medicina socialmente ottimale
Secondo tale definizione, solo quelle cure i cui costi eccedono i benefici attesi sono difensive.
Tale nozione non sarà qui presa in considerazione poiché il calcolo costi/benefici appare piuttosto disomogeneo atteso che i benefici attengono solo alla salute dei pazienti e i costi ad un versante puramente economico.
- I metodi di indagine
Pur se svariati sono i metodi di indagine su di un fenomeno per nulla uniforme e, anzi, fortemente eterogeneo, la fonte principale per misurarne l’ampiezza e la dimensione sono le interviste ai medici stessi attraverso la somministrazione di questionari.
L’onorevole Gelli, a commento della legge che porta il suo nome, utilizza una stima dei costi (presunti) attribuibili alla medicina difensiva che si avvale appunto di questo metodo.
Scrive Federico Gelli[6].
“La maggior esperienza italiana, in tema di costi della medicina difensiva (M.D.), è rappresentata da una indagine di prevalenza condotta presso l’Ordine provinciale dei medici chirurghi e degli odontoiatri di Roma, con campione rappresentativo dei medici pubblici e privati attivi.
I risultati riportano come la medicina difensiva rappresenti circa tra l’11% e il 23% di tutte le prestazioni e il 10,5% delle spese del Servizio sanitario nazionale: nel dettaglio i medici dichiarano di prescrivere farmaci (53%), visite specialistiche (73%), esami di laboratorio (71%), esami strumentali (76%) e ricoveri (50%) anche per il timore di ricevere una denuncia da parte dei pazienti (78%).
Per quanto riguarda l’impatto economico, la M.D. incide sui costi del SSN per il 10,5% circa per una cifra pari a 10 miliardi di euro, cifra in linea con altre precedenti ricerche italiane”. (per esempio con quella fornita dal Ministero della Salute su dati del 2014, n.d.r.).
E’ agevole osservare che i risultati di tale ricerca – indicata come la più autorevole in Italia – presentano delle criticità insuperabili che la rendano assai poco attendibile come, del resto, quelle similari.
A prescindere, infatti, da quanto già illustrato in precedenza (e cioè che appare incomprensibile a chiunque come una prescrizione del tutto inutile possa invece risultare utile a preservare il sanitario da possibili, future azioni legali), è ovvio che dietro la congiunzione “anche” per il timore … si celano, o si possono celare, motivazioni che – con la medicina difensiva – non hanno assolutamente nulla a che vedere. Come, ad esempio, quella di compiacere i propri pazienti ed evitare che si rivolgano altrove.
L’assai scarsa attendibilità di questi studi riposa insomma sul fatto che sono principalmente i medici stessi ad essere intervistati, peraltro con una formulazione dei questionari che può incidere in maniera significativa sui risultati[7] [8].
Conclusioni
Se gli obiettivi della legge Gelli-Bianco erano, come erano, quelli di arginare la medicina difensiva alleggerendo la responsabilità (soprattutto penale) dei sanitari, bisogna osservare, in tutta franchezza, che essi sono stati largamente disattesi.
In primo luogo perché – invece di problematizzare il concetto di “medicina difensiva” con una seria e innovativa ricerca sul campo – si è preferito adagiarsi su nozioni che di scientifico hanno assai poco e richiamano invece facili slogan mediaticamente adatti a tempi in cui al pensare si preferisce il “cinguettare”.
Poi perché prima di cambiare le regole esistenti (obiettivo più che legittimo) bisognerebbe conoscerle e qui, invece, la loro approssimativa padronanza desta sincero imbarazzo. E’ sufficiente ricordare, a questo proposito, il clamoroso autogol di una legge che nasce per affievolire la responsabilità penale dei sanitari e finisce invece per aggravarla.
Le preoccupazioni di qualche magistrato della Suprema Corte che ritiene necessari almeno 10 anni per dare un assetto decifrabile a questa legge, ci sembrano più che fondate.
Speriamo non siano ottimistiche.
Avv. Franco Di Maria Avv. Vincenza Pinò
[1] Si veda al riguardo il bel saggio (da cui sono tratte le denominazioni da noi utilizzate) di Francesca Poggi, “La medicina difensiva. Nozioni, problemi e possibili rimedi, pagg. 9,10,11 e 12, Mucchi Editore, 2018.
[2] In questo senso cfr, ad esempio, L.R. Tancredi, J.A. Barondess, The problem of defensive medicine, in Science, 200, 1978, 879-882; J.S. Todd, Reform of the Health Care System and Professional Liability, in New England Journal of Medicine, 329(23), 1993,1733-4; D.P. Kessler,M. McClellan, Do doctor practice defensive medicine; D.M. Studdert ET AL., Defensive medicine among high-risk specialist physicians in a volatile malpractice environment,in JAMA, 293(21), 2005, 2609-17; G. Forti ET. AL., il problema della medicina difensiva, Pisa ETS, 2010, 17; M.M. Mello, A. Kachalia, S. Goodell, Meical Malpractice, in The Synthesis project. Research synthesis report, 21, suppl. l. 2011, pii, 72097; R. Afzal, Defensive Medicine as a Bane to Health Care, in Journal of Pioneering Medical Science, 2(1), 2011, 30-31; A. Antoci, A. Fiori Maccioni, P. Russu, The Ecology of Defensive Medicine and Malpractice Litigation, in PlosOne, 11(3), 2016, 1 – 15; V.C. Prabhu, Defensive medicine in Neurosurgery in Word Neurosurgery, 95, 2016, 587-9; L.Benci, Tutela la salute, Reggio Emilia, Imprimatur, 2017, 201.
[3] “La nuova responsabilità sanitaria e la sua assicurazione” di F. Gelli, M. Hazan, D. Zorsit, Giuffrè Editore 2017, pag. 7: per “medicina difensiva” invero, si intende la messa a punto e lo sviluppo di strategie “terapeutiche” (commissive od omissive) mirate, prima ancora che a fornire la cura migliore, a proteggere il professionista o la struttura sanitaria dalle potenziali implicazioni di responsabilità che potrebbero gravare su di loro, specie al cospetto di così particolarmente problematici”.
[4] Cfr Francesca Poggi, op. cit. pag. 11
[5] Francesca Poggi, op. cit. pag. 19
[6] F. Gelli, op. cit., pagg. 8 e 9
[7] Confronta D. Klingman, “Measuring defensive medicne using clinical scenario, in Journal of health politics, Policy and law, 21,1996, pagg. 185-210; K.Baicker, B.J. Wright, N.A. Olson, reevaluating reports of defensive medicne, in Journal of health Politics, Policy and law, 40 (6), 2015, pagg. 1157-1177
[8] Non abbiamo qui preso in considerazione la medicina difensiva negativa (quella cioè che si verifica quando i medici si astengono da interventi e procedure ritenuti ad alto rischio per il paziente e che dunque li espongono ad un possibile giudizio di responsabilità professionale) perché entrambi i presidenti delle sezioni specializzate dei tribunali di Roma e Milano, hanno affermato che, nella loro esperienza giudiziaria, tali casi non si sono mai verificati.